#TertuliaILLUSTRATI,  CAMBIA LA STORIA

LA NECESSITÀ DI UN PROGRAMMA DI COEDUCAZIONE CONTRO LA VIOLENZA SESSISTA A SCUOLA

Giovedì sera ho avuto una interessantissima #Tertulia per presentare il progetto #CambialaStoria del CSB con il quale collaboro. Il progetto è stato creato in Spagna (CAMBIA EL CUENTO) da due due sociologhe catalane Cristina Vila Peñuelas e Mireia Selva Monfort, e si propone come soluzione alla violenza sessista con un materiale di coeducazione per insegnanti, alunni e famiglie a partire dall’infanzia.
(Potete leggere presentazione QUI e guardare video presentazione QUI.)

Poi ho cenato con la mia famiglia, mia figlia maggiore è uscita a portare fuori il cane. Viviamo in un quartiere tranquillo, di una città tranquilla. Per strada (causa covid) poche persone, qualcuno che rientra dal lavoro, qualche passeggiatore di cane e i riders.
Quando è rientrata però aveva la voce spezzata, non era il suo cinguettio solito… Niente. Ha risposto. Non è successo niente. Ma dopo varie insistenze ha rivelato di essere stata infastidita da un dei tanti riders che si fermano in zona in attesa di un ordine, ma soprattutto che non era nemmeno la prima volta.
Niente di grave come ogni volta che non c’è stato contatto fisico. Come se grave fosse solo lo stupro. Come se la violenza non potesse essere anche verbale. Come se l’insicurezza che genera un’insidia di questo genere non fosse una violenza essa stessa.

Era arrabbiata. Mortificata. Offesa. Disillusa. E piangendo mi ha vomitato tutto quello che le passava per la testa…
Perché non posso uscire la sera da sola senza aver paura di essere avvicinata e di dover ascoltare delle proposte sessuali?
Perché non posso rispondere educatamente a una persona che mi rivolge la parola senza pensare che ne approfitterà per farmi delle proposte che non mi interessano e che non ho chiesto?

Io non voglio essere maleducata mamma… non voglio ignorare le persone come se non esistessero, non voglio essere prevenuta nei confronti di un rider che mi chiede qualcosa.
Cosa fa credere a questi maleducati che io possa essere interessata a intrecciare una qualsivoglia relazione con loro?
Cosa dà loro la libertà di avvicinarmi e farmi sentire insicura e in pericolo nel mio quartiere?
Perché devo aver anche paura che sappiano dove abito?
E se chiedo un delivery e mi ritrovo questa persona sulla porta di casa mia?

Io non avevo idea che le capitasse tutte le sere. Io non sapevo che ci fosse un gruppo di uomini molestatori sotto casa mia, anche se la società non considera molestatore un individuo che fa un apprezzamento sessualmente esplicito non gradito a un altro individuo.
La prima reazione è stata: d’ora in poi Juanita la porto io fuori la sera…
Ma questa non è una soluzione. È una toppa, come una toppa è vestirsi con abiti sobri, monacali, magari un sacco che renda le forme indistinguibili, camminare con la testa bassa senza guardare nessuno, uscire solo con la luce del giorno e magari accompagnata (la nonna ha suggerito che uscisse sempre in compagnia del fratello o della sorella).
E allora cosa? Chiamiamo la polizia? Così le chiedono cosa ci faceva la sera da sola per strada. E magari le chiedono come fosse vestita. O perché avesse il rossetto. Come se non ci si potesse abbellire per se stessi e fosse sempre e necessariamente per attirare l’attenzione di un uomo.

Apparentemente non ci sono soluzioni, solo accorgimenti restrittivi ai danni della libertà e della femminilità.

Quando affronto un problema con i miei figli, per non cadere nella tentazione dell’intolleranza, cerco sempre di mettermi nei panni di tutte le parti, e così ho chiesto a quel punto a tutti, perché il cinguettio straziato della primogenita era arrivato alle orecchie della sorella e del fratello e oramai eravamo un unico nido nel mio letto:
Ma quel cretino molestatore si rende conto di quello che sta facendo?
Ha mai pensato se gli piacerebbe che qualcuno si rivolgesse così a lui?
Se quel qualcuno facesse proposte sessuali a sua madre o sua sorella o sua moglie?
E la donna che l’ha cresciuto (perché c’è sempre una donna dietro a ogni essere umano che cresce in questo mondo) l’ha educato nel rispetto delle altre persone?
Se lei stessa fosse vittima di un sistema maschilista e violento, perché è stata zitta pur sapendo l’ingiustizia che si stava commentando ai danni dell’educazione della sua creatura?
Perché non ha educato il figlio nella consapevolezza dell’importanza de rispetto?

Di perché ce ne sono tanti da non riuscire a vederne la fine, sia interrogativi che a giustificare gli atteggiamenti di tutti, e di nuovo ci si trova ad affogare in un mare così grande da non offrire scampo.
Ma un’isola c’è, c’è sempre stata: si chiama educazione, o cultura, o ancor meglio SCUOLA.
L’educazione è l’unica soluzione possibile per qualsiasi problema nel mondo. Solo attraverso l’istruzione si può combattere l’unico vero nemico che ci attanaglia: l’ignoranza. L’ignoranza ha fatto sì che quel rider avvicinasse mia figlia e gli facesse una proposta sessuale non richiesta. L’ignoranza ha determinato il fatto che nessuno a casa gli abbia insegnato che bisogna aver rispetto di chiunque come di se stessi. L’ignoranza ancora ha fatto sì che quest’uomo non abbia effettivamente rispetto nemmeno per se stesso.

A scuola si ha il confronto con altre realtà, si ascoltano altre idee non necessariamente uguali a quelle di casa, oppure si scopre che non si è soli al mondo ad avere gli stessi problemi ma che si può essere uniti nel risolverli. A scuola ci si rapporta con gli altri in condizioni di parità. A scuola, fin da piccoli, si può capire che le cose possono e probabilmente debbono essere diverse. A scuola si acquisiscono le conoscenze che poi si possono portare a casa, e piano piano, cambiare il mondo.
La consapevolezza, l’educazione, la cultura faranno sì che un domani i nostri figli, genitori, zii, amici e compagni (non solo le donne sono vittime della violenza sessista) potranno andare in strada la sera passeggiare il cane senza temere che qualcuno potrà fare loro del male o anche solo infastidirli con proposte o appellativi degradanti e offensivi.

Se ci fosse un programma scolastico che mostri ai nostri figli come crescere nel rispetto dell’altro e che le cose possono essere diverse e migliori, un programma che li facesse riflettere e crescere nella riflessione di gruppo, che insegnasse loro ad analizzare e capire le strutture culturali dentro le quali sono cresciuti e valutare se positive o meno, un programma che mostrasse loro come dall’analisi e dalla discussione può partire il cambiamento e che SI PUÒ CAMBIARE!
Allora forse un domani un extracomunitario, solo, abbruttito e imbestialito dalla vita degradante che deve fare in un paese che non è il suo, in cui si sente rifiutato, e nel quale non ha praticamente possibilità di integrazione, capisca che non è aggredendo un donna per strada che si sentirà meglio, capirà che il suo bisogno di integrazione e socializzazione non passa necessariamente da un approccio sessuale non consenziente. E il carabiniere che accoglierà la denuncia di una giovane donna per molestie sessuali sul suolo pubblico non la farà sentire come una che se l’è cercata. E la giovane si sentirà autorizzata a fare la denuncia, in modo che si sappia quali sono le vere cifre della violenza sessista a cui ogni giorno l’essere umano è esposto e non solo per strada.
E io, mamma, non suggerirò come soluzione quella di non uscire più la sera per strada da sola.

Questa disavventura mi ha ribadito fortemente quanto sia necessario CAMBIARE LA STORIA con un programma di coeducazione nelle scuole, a partire dal nido d’infanzia, che cresca le nuove generazioni senza distinzioni di genere, lasciando loro spazio e libertà di vivere ed esprimersi a seconda della loro personale e individuale sensibilità, analizzando e discutendo le strutture culturali e sociali che li circondano per costruire una società migliore e inclusiva.

Se ognuno e ognuna di noi scrivesse un episodio di violenza sessista vissuto in prima o terza persona, verrebbero fuori milioni di storie a dimostrazione della necessità urgente di affrontare il problema. Pensateci…
E se dovessi guardarmi intorno alla ricerca del luogo adatto per farlo, o da cui iniziare, dell’oasi felice! credo sarete d’accordo con me nello sfruttare uno dei grandi privilegi della società in cui viviamo: l’educazione obbligatoria e gratuita per tutti nelle scuole!

Ma il programma scolastico di coeducazione per una società senza discriminazioni di genere esiste! Si chiama CAMBIA EL CUENTO e grazie ad Alessandra Sila del Centro per la Salute del Bambino è diventato CAMBIA LA STORIA! E in collaborazione con Chiara Bianchizza, Mariagrazia Apollonio di Goap Centro Antiviolenza, Elena Fierli di S.Co.S.S.E. e #logosedizioni a settembre potrebbe partire nelle scuole di Trieste e di Lampedusa, grazie al sostegno di Crédit Agricole Italia che duplicherà le donazioni raccolte sul portale www.ca-crowdforlife.it. Una volta realizzato il pilota, verificati tutti gli adattamenti di cui il materiale ha bisogno per il territorio italiano, fatti i primi test con insegnanti e alunni, e raccolti i numeri di questa prima fase inziale, il programma verrà esteso a tutto il territorio italiano, sperando di raggiungere tutte le scuole e tutte le famiglie!
Ci vorrà del tempo, c’è molto lavoro da fare, e ci vuole una fede incrollabile nel credere che le cose possono cambiare, fede che spero vogliate riporre (anche con poco) collaborando al crowdfunding.

Tanti auguri di Buona Pasqua a tutti!

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