PISTOLE, PUGNALI E VELENI
PISTOLE, PUGNALI E VELENI di Jonathan J. Moore
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Cos’hanno in comune Agamennone e John Lennon, Gandhi e Lenin, Marat e Pitagora?
Diversissimi per carattere, parabola, pensiero ed epoca storica, sono accomunati solo dalla loro notorietà e da una morte violenta. Si tratta di alcuni dei delitti eccellenti più famosi della storia.
Per “delitto eccellente” intendiamo l’uccisione, di solito pianificata in anticipo, di una vittima di alto profilo dal punto di vista politico o sociale. Quale che sia l’arma del delitto, tradimento e violenza sono una costante di questi omicidi. Così questo libro, nel delineare la storia di una pratica vecchia come l’uomo stesso, prende in attenta considerazione vittime e carnefici, cause e moventi, conseguenze a breve e lungo termine, senza trascurare le occasioni mancate della storia; perché – come recita l’introduzione – se è vero che “la prostituzione è il mestiere più vecchio del mondo, il delitto eccellente viene subito dopo…”.
L’autore, Jonathan J. Moore, è un eminente storico australiano che da vent’anni si dedica alla divulgazione tramite l’insegnamento e la scrittura, indagando gli aspetti meno noti delle vicende storiche.
I primi casi di cui si è conservata una testimonianza risalgono a oltre 3000 anni fa. È Omero che, narrando nell’Odissea l’uccisione di Agamennone, per mano della moglie Clitennestra e del suo amante Egisto, ci tramanda il primissimo esempio di delitto eccellente in Occidente. Risale più o meno allo stesso periodo un altro delitto di cui ci sono pervenute prove concrete: la mummia di Ramesse III ci racconta la storia di un faraone caduto vittima di una congiura di palazzo e ucciso con un coltello che gli squarciò la gola da un orecchio all’altro.
A partire da questi primissimi esempi, il libro ripercorre una storia a tratti inquietante e a tratti raccapricciante di eventi tragici che ebbero conseguenze talvolta molto drammatiche, raggruppando i singoli casi in macro categorie.
La prima di queste categorie contempla reali e sovrani, che rappresentano le vittime più scontate. Se, come ebbe modo di affermare Mao Tse Tung, “Il potere politico nasce dalla canna del fucile”, mantenerlo richiede un continuo sforzo militare e un buon sistema di sicurezza interno. I sovrani che sono caduti per mano dei loro attentatori hanno visto aprirsi, per un solo istante, una falla nel loro sistema di protezione. Tra i vari casi presentati, scopriamo per esempio gli infausti eventi e i segni premonitori che avrebbero dovuto mettere in guardia Giulio Cesare prima della famosa mattina delle idi di marzo, o il peccato di hybris di cui si macchiò Filippo II di Macedonia, padre di Alessandro Magno, che agli occhi del suo popolo fu la vera causa della sua morte. Scopriamo le vicende del buon re Enrico IV di Francia, che cercò di pacificare il suo paese dopo tanti anni di guerre di religione e venne assassinato da un vagabondo, un lupo solitario evidentemente ben finanziato da mandanti oscuri, secondo un cliché che continua a ripetersi invariato attraverso i secoli. E ancora il famoso attentato a Sarajevo contro l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, che segnò l’inizio della prima guerra mondiale, o la terribile fine dello sventurato ultimo zar di tutte le Russie, Nicola II Romanov, sterminato brutalmente insieme a tutta la sua famiglia.
Ai reali seguono più in generale i leader politici, che hanno avuto accesso al potere attraverso metodi più democratici, ma hanno incontrato la morte per mano dei loro oppositori. Personaggi carismatici, amati dal popolo e spesso ammirati in tutto il mondo, molti di loro hanno determinato profondi mutamenti nei loro paesi e sarebbero stati destinati a una fulgida carriera politica: non potendo sconfiggerli attraverso le urne, i loro avversari politici li hanno eliminati con un proiettile o una bomba. Tra questi: Giuliano de’ Medici, fratello di Lorenzo il Magnifico, ucciso nel duomo di Firenze, o il presidente USA, Abraham Lincoln, che incontrò la morte a teatro; il Mahatma Gandhi, assassinato mentre si apprestava, senza scorta, come suo solito, a celebrare i riti devozionali della sera oppure JFK, caduto nel famosissimo attentato a Dallas.
Nella terza categoria rientrano i ribelli e i rivoluzionari che, in genere, cadono vittima di coloro che vogliono mantenere lo status quo. Con la forza delle sue idee, un solo uomo può cambiare il mondo se riesce a trascinare con sé il popolo e cerca di porre rimedio a migliaia di ingiustizie. Ma se tutto deve cambiare affinché nulla cambi, bisogna “uccidere il messaggero”. Così molti idealisti che hanno cercato di migliorare le condizioni dei loro concittadini sono morti nel tentativo. Tra loro si annoverano personaggi molto diversi per idee politiche e indole personale come Pitagora e Marat, Rosa Luxemburg e Trockij, Martin Luther King e Malcom X. Seguono i casi più controversi della storia, coloro la cui morte è auspicata dai più, a causa della loro indole corrotta o malvagia; una volta saliti al potere, questi uomini diffondono intorno a loro solo miseria e morte e, laddove la democrazia non esiste, talvolta la violenza genera altra violenza. Pensiamo alla parabola personale dell’ex-rais libico, Gheddafi. Abbandonando l’ambito politico incontriamo i personaggi del mondo dello spettacolo, le star che possono cadere vittime del loro stesso successo: talvolta, un fan squilibrato può essere ossessionato da una celebrità al punto da trasformarsi nel suo spietato assassino. Questo destino è toccato in sorte, tra gli altri, a Andy Warhol e John Lennon, ai rapper Notorious B.I.G e Tupac Shakur, o al grande stilista Gianni Versace. I delitti di mafia rappresentano, invece, una categoria a parte, all’interno della quale è necessario operare dei distinguo: le vittime possono essere i mafiosi stessi oppure uomini dello Stato, come Giovanni Falcone, che hanno deciso di contrastare le organizzazioni criminali, pagando spesso a un prezzo altissimo, talvolta con la vita stessa, la loro scelta. Infine, ci sono le occasioni mancate: cosa rappresentano? Sappiamo che un delitto può cambiare la storia ma con il senno di poi si può comprendere come anche un omicidio fallito possa essere altrettanto importante. Come sarebbe il mondo di oggi se Adolf Hitler fosse morto nel 1933? E quanto a lungo l’Europa dell’Est sarebbe rimasta sotto il dominio dell’URSS se Ronald Reagan fosse morto nel 1981? Non esiste risposta a queste domande, perché sono sempre i vincitori a scrivere la storia. Naturalmente, accanto alle vittime, gli altri protagonisti del libro sono gli assassini. In questa pericolosa danza della morte, molti di loro sono stati catturati subito dopo aver compiuto il crimine e le loro sorti rispecchiano i tempi in cui vissero. Se nell’antichità le pene inflitte erano terribili – ai regicidi veniva inflitta la pena dello squartamento per opera di quattro cavalli, quasi tutti venivano torturati e, in generale, condannati a morti strazianti – in epoca moderna, alcuni assassini hanno scontato o scontano ancora in carcere le loro pene, alcuni sono riusciti a sottrarsi alla giustizia, mentre altri sono morti insieme alle loro vittime. Le pene inflitte agli assassini sono ed erano proporzionate ai loro crimini? A voi l’ardua sentenza.
Focus a cura di Rossella Botti
Immagine dell’header: Ravaillac salì con un balzo sopra la ruota della carrozza reale e pugnalò il re. Qui viene arrestato dopo aver ferito a morte Enrico IV.
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Jonathan J. Moore si è laureato in arte alla Melbourne University, per poi specializzarsi in storia e anglistica. Da una ventina d’anni lavora come insegnante e autore. Nel suo lavoro di ricerca si concentra sugli aspetti meno noti della storia, con un interesse particolare per la Grecia dell’Età del bronzo e la civiltà etrusca. Ha lavorato a diversi scavi archeologici e ama partecipare a eventi di rievocazione storica, in particolare quelli relativi alla Guerra di secessione americana, alla Guerra civile inglese e al periodo napoleonico. Appassionato di wargame, ha scritto articoli per diverse pubblicazioni. Con #logosedizioni ha pubblicato anche Forche, roghi e ghigliottine.