GIONA
GIONA di Stefano Bessoni
serie “Le Scienze inesatte”
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Il secondo volume della serie “Le scienze inesatte” si era chiuso con Giona che, dopo aver trascorso buona parte della notte a leggere le pagine del diario dell’anatomista Balthazar Zendak, antico proprietario della casa dove ora vive insieme alla moglie Rebecca, si addormenta e al suo risveglio si ritrova davanti il fantasma della figlia di Zendak, Rachel. Nella notte vissuta a cavallo tra sogno e delirio, la spettrale bambina aveva raccomandato a Giona di proteggere tutto ciò che gli era più caro dentro una wunderkammer. Successivamente Giona aveva avuto una visione di sua moglie Rebecca seduta sul letto, con gli occhi al posto dei capezzoli, che deponeva uova e si diceva mortificata per il fatto di non poter avere figli. Quando Giona si sveglia, ha ancora il diario di Zendak davanti a sé, aperto alle pagine che riportano i dettagli dell’astruso processo di fabbricazione dell’homunculus. Nella sua testa confusa rimbomba la filastrocca cantata dalla bambina alla fine del libro precedente e il pensiero della wunderkammer si fonde con il ricordo dell’immagine raccapricciante di Rebecca. La guerra nel frattempo infuria ma, per quanto si odano in lontananza i cannoneggiamenti della contraerea insieme al rombo dei tuoni, il mare tempestoso sembra tenere il Paese delle Scienze Inesatte al riparo dal conflitto. Rebecca rimprovera Giona per aver letto il diario senza dirle nulla e, mentre lui tenta di giustificarsi, si lascia sfuggire una lacrima finché vede qualcosa che la fa trasalire: un grande specchio in fondo a un corridoio si è spostato rivelando un’apertura segreta affacciata su una scaletta ripida e pericolante che conduce fin nelle viscere della casa.
I due ragazzi decidono di avventurarsi attraverso il pertugio finché scoprono un laboratorio in disuso, con al centro un tavolo destinato allo studio e alla dissezione dei cadaveri. Ma la stanza è ingombra di altre stranezze: vecchi barattoli di vetro con preparati anatomici ormai mummificati, beute e alambicchi, strumenti per la dissezione e altri sinistri marchingegni, nonché inquietanti funi e catene penzolanti dal soffitto.
In fondo al laboratorio, che un tempo apparteneva evidentemente a Balthazar Zendak, c’è una porticina con su scritto: “Naturalia, Artificialia e Mirabilia”. Varcata la soglia, i ragazzi si ritrovano in un luogo ancora più straordinario. In un ambiente scavato nel profondo della roccia della scogliera e puntellato da possenti travi di quercia, privo di finestre e di qualsiasi apertura, scoprono animali impagliati, scheletri, reperti vari, oggetti complessi e singolari, reliquie, manufatti tribali e rituali, libri antichi, erbari e bestiari. È questa la famigerata wunderkammer di cui Rachel ha parlato a Giona la notte precedente e la cosa più strana è che al centro ospita un lettino circondato di vecchi balocchi. La camera delle meraviglie era stata infatti anche la camera della bambina, che in quel momento li fissa nascosta tra gli animali impagliati.
Giona e Rebecca si precipitano in paese per riferire della loro scoperta all’amico Lazzaro, studioso di creature immaginarie e proprietario di una bottega di zoologia apocrifa che avevamo già incontrato nel volume precedente. Lazzaro spiega loro che cos’è una wunderkammer, mettendoli in guardia dal rischio di esserne sopraffatti. “Mi raccomando Giona, la wunderkammer non deve mai prendere il sopravvento! Non lasciate che vi trasformi in un mero strumento di raccolta!”
Giona non sembra dare peso a queste parole e la sua decisione di prendersi cura della camera delle meraviglie, restaurandola e arricchendola, viene rafforzata da una nuova apparizione del piccolo spettro che peraltro lo invita a diffidare di chiunque, compresa Rebecca. Da questo momento Giona si lascia completamente assorbire dalla cura della Wunderkammer e non si limita ad ampliare quella esistente ma ne organizza altre in ogni parte della casa. Volenterosa, Rebecca lo aiuta e allestisce una sezione particolare destinata ai balocchi (nel libro precedente, avevamo letto che i suoi genitori erano costruttori di giocattoli) ma Giona sprofonda sempre più nella sua nuova passione e tra i due la distanza fisica ed emotiva si allarga inesorabilmente. Giona dorme sempre più di rado vicino a Rebecca e passa tutto il suo tempo a lavorare alla wunderkammer, dove incontra Rachel, mentre si fanno via via più frequenti gli incubi in cui rivede Rebecca con gli occhi sui seni e intenta a deporre uova. Frattanto fervono i preparativi per l’imminente festa dei morti, in particolare per la processione della Vergine degli Annegati. In Paese sono tutti in preda a una febbrile agitazione: c’è chi intreccia ghirlande di fiori, chi impasta e inforna dolci, come per una qualsiasi festa paesana, e poi c’è una famiglia che da duecento anni si tramanda di generazione in generazione lo stesso compito: si fanno chiamare “granchi” e rastrellano il litorale alla ricerca di carcasse restituite dal mare, che poi bollono in grandi pentoloni per ripulirne le ossa. I cadaveri sono sempre più numerosi, a causa della guerra, e come ogni anno vengono ammucchiati nella piazza principale del Paese in occasione della festa. Un giorno Giona e Rebecca decidono di uscire a fare una passeggiata e a guardare i preparativi e quando tornano a casa si mettono a letto insieme. La ragazza gli si accosta ma Giona la respinge e a un tratto appare Rachel per ricordargli che Rebecca non potrà avere figli e mostrargli la ricetta dell’homunculus. Ben presto Giona si convincerà a fabbricarlo…
In questo terzo volume della serie “Le Scienze Inesatte”, Stefano Bessoni da un lato porta avanti l’intreccio già delineato nei precedenti volumi svelando alcuni misteri e introducendone altri, mentre a poco a poco si profila la fabbricazione dell’homunculus come un possibile sostituto del figlio che Giona e Rebecca non potranno mai avere. Dall’altro lato, inserisce nella sua narrazione un piccolo trattatello riguardante la wunderkammer, che Lazzaro descrive mettendone in luce il fascino e l’importanza storica senza tacere i rischi che comporta per chi decide di occuparsene.
Come del resto anche l’homunculus, la wunderkammer aveva già dato il titolo a un libro di Bessoni pubblicato da #logosedizioni nel 2011 e la spiegazione di Lazzaro approfondisce concetti già affrontati nel volume in questione. Lo studioso è la persona più indicata a parlarne dal momento che possiede vecchissimi libri sulle origini storiche delle wunderkammer e ha perfino scritto di suo pugno un tomo dedicato all’argomento. Ai due ragazzi attoniti Lazzaro spiega come in ogni wunderkammer si annidi una strana forza che a volte diventa oscura fino a sopraffare il suo creatore. Aggiunge inoltre che le antiche camere delle meraviglie sono gli antenati degli odierni musei di storia naturale e che i loro edificatori concentrarono l’essenza delle arcane discipline in quei luoghi pregni di sapere facendone veri e propri templi consacrati alle meraviglie, sia naturali, sia artificiali, con l’intento di realizzare un microcosmo che, pur astraendosi dalla realtà, rappresentasse una campionatura il più possibile estesa del mondo. Verso la metà del Settecento, con l’avvento del moderno pensiero scientifico, l’epoca di massimo splendore delle wunderkammer ebbe fine ma l’impulso che spinge a crearle non è mai venuto meno perché coincide con un bisogno antico quanto l’uomo: quello di possedere e controllare l’universo in cui vive.
Di pari passo con la spiegazione di Lazzaro, le immagini di Bessoni ci portano nel caleidoscopico mondo della camera delle meraviglie, tra teste impagliate, animali imbalsamati, teschi ornati, e ancora incisioni e schizzi raffiguranti strane creature, oltre a manoscritti e documenti antichi e ogni sorta di strumenti, con tanto di etichetta esplicativa. Ci addentriamo in quella che è la parte forse più interessante di questo libro, in cui la storia di Giona, Rebecca e Rachel sosta per un momento permettendoci di visitare lentamente gli spazi della wunderkammer.
In queste pagine approfondiamo inoltre la conoscenza del Paese delle Scienze Inesatte e dei suoi abitanti, attraverso la minuziosa descrizione dei preparativi per la festa dei morti, che è in sostanza la versione macabra e grottesca di una qualsiasi festa di paese. Come già nel volume precedente, ci imbattiamo in qualche eccentrico paesano, ad esempio il parroco, un anziano e scricchiolante vecchino che ha da qualche anno superato il secolo di vita e che, per uno scherzo del destino, si chiama Belzebuth. Il vecchio ha due protuberanze sulla fronte fin da quando, all’età di nove anni, mentre faceva il chierichetto, fu accidentalmente colpito in testa da un crocifisso. Una cosa che torna a suo vantaggio allorché pratica esorcismi perché può confondersi con le forze del male e cogliere il demonio di sorpresa. Peraltro Padre Bù, il nome con cui lo conoscono i bambini ai quali ama raccontare strane storie, si esprime in un curioso dialetto inventato al pari di Ezechiele, il proprietario della bettola ricavata nella carcassa di un grande pesce mummificato, che avevamo già incontrato nel volume precedente.
Bessoni tesse i fili della sua storia da un volume all’altro riprendendo e approfondendo temi già anticipati: è il caso non solo della bislacca parlata degli abitanti del Paese ma anche dello scenario bellico che libro dopo libro si arricchisce di dettagli avvicinandosi al paese, della camera di Rachel che vediamo riapparire qui dopo averla lasciata nel primo libro, dei riferimenti ricorrenti alla wunderkammer e all’homunculus. Tutti elementi che testimoniano come Bessoni non voglia semplicemente raccontare una storia quanto esplorare un mondo di sua invenzione, influenzato dal cinema di Greenaway e da un viaggio compiuto tra la Normandia e la Bretagna, al tempo in cui di questa sua storia voleva fare un film. Quello davanti al quale ci troviamo è un diario di viaggio nel Paese delle Scienze inesatte, in cui la cosa più importante sono proprio le peculiarità degli abitanti.
Focus a cura di Francesca Del Moro
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Stefano Bessoni, regista, illustratore e animatore stop-motion, nasce nel 1965 a Roma, dove si diploma all’Accademia di Belle Arti. Dal 1989 realizza film sperimentali, installazioni videoteatrali e documentari, suscitando l’attenzione della critica. Negli anni ’90 lavora per alcune società di produzione televisiva come operatore, direttore della fotografia e montatore. È stato docente di regia cinematografica presso la NUCT a Cinecittà e presso l’Accademia Griffith di Roma. Ha tenuto e tiene numerosi workshop in Italia e all’estero, presso scuole e festival specializzati. Insegna inoltre illustrazione e animazione stop-motion presso La Fabbrica delle Favole a Macerata.
Diversi i riconoscimenti ricevuti con i suoi ultimi film Canti della forca, riconosciuto di interesse culturale nazionale da parte del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, e Krokodyle, miglior film fantasy al 6° CINEFANTASY a San Paolo in Brasile, miglior film internazionale a PUERTO RICO HORROR FILM FEST 2011, Menzione Speciale al SITGES 2011 – 44° Festival Internacional de Cinema Fantastic de Catalunya, che si aggiunge a quella ottenuta al FANTASPOA 2011.
Con #logosedizioni ha pubblicato: Alice sotto terra (disponibile anche in inglese e in spagnolo), Canti della forca (disponibile anche in inglese), Homunculus, Mr Punch, Pinocchio, Stop-motion. La fabbrica delle meraviglie, Workshop di stop-motion. Primo livello (disponibile anche in inglese), Workshop di stop-motion. Secondo livello (disponibile anche in inglese), Wunderkammer, Oz, Rachel, Rebecca e Giona.