Autori,  INCONTRI

ANA JUAN. LA CASA CHE ABITO.

Mi chiamo Ana Juan e ho studiato Belle Arti a Valencia.
Non ho avuto una formazione da illustratrice, non so se questo sia un bene, o un male.
Quello che ho imparato su questa professione l’ho imparato osservando, ma soprattutto sbagliando, e rendo omaggio ai miei sbagli.
Nell’illustrazione ho però trovato il mio personale modo di mettermi in relazione con il mondo.
Il mio lavoro ha sempre girato intorno all’illustrazione, ho fatto quasi tutto quello che un illustratore può fare: copertine di riviste, libri, pubblicità, manifesti, etichette per il vino…

Nella stampa ho trovato il mio primo rifugio, il luogo in cui ho imparato ciò che so di illustrazione editoriale, conoscenze che ho applicato a tutto il resto. È una scuola che raccomando per la prontezza di riflessi che ti fa sviluppare, la sintesi con la quale devi lavorare. Non interpreti un testo, interpreti la realtà.

I libri sono arrivati molto più tardi… ma tra tutte le fonti del mio lavoro, la mia parte più personale, quella più intima, si rifugia nell’illustrazione per l’editoria.
Amo i libri e mi piace pensare a loro come a delle navi. Navi sognate e costruite nel cantiere dello studio, che un giorno, per mano di un armatore abbandoneranno il porto, per affrontare le più diverse traversate.
Non possiamo sapere dove ci condurranno queste navi: una volta sciolti gli ormeggi non c’è più altro da fare, perché sei imbarcato fino alla fine del mondo.
Ci sono navi che, come alcuni libri, affondano prima ancora di uscire dal porto. Ma non disprezzate le navi affondate, sono relitti che spesso nascondo tesori da recuperare.
Ci sono libri che spariscono nel mare del mercato e nessuno li rivede più, anche se in qualche occasione riaffiorano in una libreria dell’usato prima di tornare a scomparire di nuovo. Sono le navi fantasma.

(Demeter #logosedizioni)

Alcuni libri, invece, spiegano le proprie vele e nonostante le tempeste, e alcune mareggiate, riescono a solcare i mari e ti portano in porti sconosciuti, luoghi ai quali mai avresti pensato di arrivare.
Una di queste navi è stata Amantes. Un libro che ha iniziato il suo viaggio in Giappone, su commissione della casa editrice Kodansha. Undici storie d’amore narrate in otto immagini ciascuna.
Questo libro è stato un grande esercizio di sintesi, che ha dato vita a una serie di amori frustrati, amori fedeli, amori univoci… perché una storia d’amore può vivere alcuni secondi, alcuni giorni e in alcuni casi perfino per l’eternità… Ogni storia d’amore è sempre unica e irripetibile.
Ho impiegato molti anni a costruire questa nave, e proprio quando stava per salpare, la casa editrice giapponese decise di non pubblicare il libro. Fu allora che iniziai a temere che fosse una nave destinata ad affondare prima di lasciare il porto. Ma dopo essere stata ferma in secco per moltissimo tempo, è riuscita a prendere il mare, prima in Spagna, poi in Italia, per poi rientrare in Spagna… E dopo tanti anni, Amantes continua a navigare come avevo sognato una volta.

E poi Snowhite. Sono state molte le cose che ho ottenuto grazie a questo libro.
All’inizio non erano che due. Una era risolvere il problema che avevo sempre avuto nell’affrontare il bianco e nero. Dopo tanti anni di ricerca realizzai che non dovevo far altro che tornare a lavorare là dove avevo iniziato, quando stavo imparando a disegnare. Non avevo bisogno che di carta e un pezzo di carboncino. Niente poteva essere più semplice e più primitivo. Cercando nel passato trovai la strada del futuro. La seconda era realizzare una versione di un racconto classico, e scelsi Snowhite.

(Snowhite #logosedizioni)

Nel libro ho mantenuto la trama e i personaggi della storia da tutti conosciuta. Ma attraverso questo racconto, in apparenza innocente, ho potuto fare una denuncia sulla società di ieri e di oggi, e il ruolo che in essa ha la donna.
Nella mia versione si parla di solitudine, e dell’impossibilità per alcuni, specie le donne, di decidere del proprio destino. La donna è sempre stata sotto la tutela di una figura maschile: un padre, un fratello, un marito… passando dall’uno all’altro senza nessuna autonomia sulla propria vita, e andando alla deriva quando questa catena si spezzava. Anche se ci sembrano lontane, queste circostanze, per disgrazia, non sono aliene al tempo in cui viviamo.

(Snowhite #logosedizioni)

Niente però faceva presagire che questo libro si sarebbe trasformato nell’avventura professionale e personale più emozionante che io abbia mai vissuto.
Imbarcata su questa piccola nave, ne ho abbordato un’altra e ho creato, con il mio compagno di vita Matz Mainka, una mostra che svelasse il processo creativo di Snowhite, in cui sono stati raccolti tutti gli schizzi, con le loro luci e le loro ombre.
Il processo creativo generalmente non si mette in mostra, se non in poche occasioni, eppure è più ricco e interessante del risultato finale. È lì che siamo liberi di plasmare i dubbi e i rimorsi, che possiamo giocare senza sentirci prigionieri. È come un cortile della ricreazione in cui tutto è possibile.
Per presentare questo processo creativo, creammo una storia: Snowhite the secret box che si trasformò in un racconto dentro il racconto.

Ma la scatola segreta portò a una mostra che fu l’inizio di un’altra avventura: la mostra interattiva. In collaborazione con il gruppo di investigazione della facoltà di BBAA di Valencia, sviluppammo una mostra interattiva intitolata Ana Juan. Dibujando al otro lado. L’obiettivo era riuscire a dare una nuova dimensione ai disegni originali, realizzati con le tecniche tradizionali, attraverso la tecnologia. Niente di più lontano dal mio modo di lavorare, dal mio stile che consideravo quasi impossibile da animare.
Il lavoro fu tanto e molto duro. Dovemmo sviluppare tutti i personaggi e gli altri elementi in 3D, creammo una canzone che orchestrata ci accompagnasse in ogni momento. E poi il lavoro di animazione… Dimostrando così che i due mondi, analogico e digitale possono comunicare.
Creammo anche un’app gratuita con lo stesso nome, Ana Juan. Dibujando al otro lado, che permette attraverso i dispositivi mobili, una nuova lettura di Snowhite. E poi il videogioco: Erthaland, Snowhite’s mistery tale, di cui sviluppammo il primo capitolo, una narrazione parallela al libro e aperta a nuove situazioni, personaggi e anche finali. Ogni volta che affrontiamo la lettura di un libro ognuno di noi ne ha un’esperienza diversa.

Snowhite, il libro, continua a esistere e a essere quello che è, l’intervento tecnologico ne è una nuova lettura in cui il lettore partecipa attivamente.
Non so in quali altri porti approderemo, né quante tempeste dovremo affrontare, ma questa avventura grafica del XXI secolo continua…

Tutte le storie che ho disegnato sono iniziate molti anni fa con un foglio e una matita.
Prima del mio amore per i libri, prima di sognare di costruirli, già mi accompagnava il mio amore per il disegno. Il disegno è la casa che abito.
Una casa popolata di personaggi in cui ci raccontiamo storie al lume di un lampada orientabile. In cui, proprio come in tutte le famiglie, litighiamo di continuo e nascondiamo qualche scheletro nell’armadio.
Una casa di lunghi e interminabili corridoi costeggiati da stanze chiuse a chiave. In cui deambulo senza sosta cercando di aprire qualcuna di queste porte, e dall’altra parte non sento che risate e qualcuno che copre la serratura nascondendomi i suoi segreti.
Mentre dormo i sogni attraversano le pareti illuminando stanze oscure o affievolendo l’illuminazione. Vanno e vengono a loro piacere, facendosi beffe delle porte chiuse e dei muri.
Ci sono giorni in cui salgo fino all’attico, dove a volte sento di toccare il cielo, ma quasi sempre passo il tempo alimentando la luce dei miei errori, per preservarne l’illusione, e non rischiare di affogare nella routine.
La casa che abito è il luogo in cui mi sento in salvo. E da cui osservo il mondo filtrato dalle tende alle finestre, ed è così che lo disegno.

Perché disegno?
Disegno perché disegnare è comunicare nella lingua di tutti gli esseri umani, vivi e morti.
Disegno perché arriva sempre il momento in cui mancano o avanzano le parole.
Disegno perché così sono regina di infiniti universi senza altre norme che le mie.
Disegno, senza disegnare, per guardare oltre, per essere ciò che non sono stata.
Disegno per tornare all’essenza, alla forma più diretta e semplice dell’espressione. A quella linea che unisce la mano, lo sguardo e il cuore.
Disegno perché il disegno è il compendio di tutto ciò che ho imparato, per ricordare disegnando.
Per tutte queste ragioni, e qualcun’altra, disegno.

Non voglio concludere senza fare una riflessione su questa professione, che noi illustratori tanto amiamo:
non solo abbiamo la missione di far sognare, ma anche quella di far piangere.
Siamo testimoni di un tempo e abbiamo una responsabilità verso la società in cui viviamo. Usiamo la nostra professione! Come una spada e come uno scudo! Non cambieremo il mondo, ma almeno ci proveremo.

Questo testo è stato scritto da Ana Juan per l’incontro con gli illustratori nello spazio THE ILLUSTRATORS SURVIVAL CORNER alla Bologna Children’s Book Fair del 2018.

Per approfondire Snowhite in compagnia della sua illustratrice potete visualizzare qui la #TertuliaILLUSTRATI dell’8 marzo 2021.

A seguire una piccola gallery con le foto della mostra SNOWHITE THE SECRET BOX tenutasi alla Pinacoteca Nazionale di Bologna nel 2012 a cura di #logosdizioni.

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