IL GIARDINO SEGRETO DI MASSIMO
una mattina di nebbiolina umida e fine. con il freddo in agguato sulla punta dei piedi e delle mani. non ancora inverno. ma quasi lontano l’autunno. ho attraversato un giardino in cui a ogni passo sono stata presentata e soprattutto mi sono stati presentati. Pino Nero. Edera. Ciclamino. Rosmarino. Mahonia. Viburno. Pungitopo. Osmanthus. Tasso. e quercioline… e quello che era un normale spazio verde. si è trasformato. aperto. spalancato.
abbruttita dal cemento. sorda alla vita e alla natura. accecata dalla cultura in cui sono cresciuta. proiettata sulle cartoline. non mi ero mai resa conto di quanto mi circonda.
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per quegli scambi di esperienze tra amiche. in cui ci si racconta gli incontri interessanti della vita. quelli che in qualche modo ci cambiano la prospettiva. e cancellano l’ordinarietà delle nostre esistenze. sono venuta a conoscenza di questo tranquillo signore che ha condotto me. e l’amica che l’ha scoperto. nel suo giardino segreto. il suo rifugio. la sua “casa” all’aria aperta. dove ci ha spiegato cosa significa condividere gli spazi con la natura. prendendosene cura come ci si prenderebbe cura di un familiare o di un amico che si conosce da tanto tempo. senza interessi economici. senza criteri estetici. nella più completa accettazione della diversità e soprattutto nella comprensione. senza presunzione.
Massimo. è il nome del nostro ospite. ci racconta di come il nonno emigrato a Buenos Aires nel 1921 fece fortuna e tornò in Italia. a Budrio. di dov’era originario. e con i soldi che aveva guadagnato oltreoceano comprò una serie di poderi dove crebbe il figlio e padre di Massimo. padre che non appena ebbe due soldini da parte si comprò un terreno fuori città in cui riposare. nel sessantotto. all’epoca tutto intorno non c’era niente. solo campagna e verdi colli.
siamo appena entrate. alti pini coperti di edera ci circondano.
Massimo “La prima cosa che fece mio padre fu riempire il terreno di piante, principalmente conifere, come in uso all’epoca, perché sono sempreverdi e crescono velocemente, anche se non sono congrue per questo luogo. Con il cambiamento climatico sono tutte destinate a morire: abeti rossi e i pini argentati sono già morti tutti. All’epoca però usava piantarle, perché non hanno bisogno di grandi cure. Ho le foto di quando ero piccolo con i pini, piccoli anche loro, siamo cresciuti insieme e li considero i miei fratelli.”
i pini sono tanto coperti d’edera da sembrare un’unica pianta. sono pini neri. Massimo ci spiega che il Pino Nero è una pianta che sta bene in Austria e che vive mediamente cinquant’anni. ma che può viverne anche centocinquanta. ci spiega che l’Edera. se lasciata crescere. può vivere anche mille anni. e il suo tronco può raggiungere il metro di diametro.
Massimo “Noi umani non ci rendiamo conto delle dimensioni che possono raggiungere le piante se lasciate libere. L’Edera per risorse (acqua e luce) non dà fastidio al Pino Nero, ma se arriva a festonare sui rami laterali, e dovesse nevicare, i rami del Pino con il peso della neve si spaccherebbero. Però l’Edera, ricoprendo il Pino, lo tiene più caldo d’inverno e più fresco d’estate. Inoltre l’Edera serve da rifugio per moltissimi insetti che svernano tra le sue frasche, alimento per gli uccelli che in primavera potranno essere utili alla lotta biologica, come il merlo o il pettirosso. Le bacche dell’Edera d’inverno alimentano tordi, merli, tortore, colombacci… ed essendo tra le ultime piante che fioriscono in autunno alimentano gli insetti bottinatori come api e bombi.”
l’Edera fiorisce? perché non abbiamo mai visto la fioritura dell’Edera?
Massimo “Perché non la lasciamo crescere in libertà.”
alziamo gli occhi per guardare la cima dei pini neri. e vediamo qua e là delle cassette di legno per gli uccelli.
Massimo “Per noi umani tutto deve avere una finalità, abbiamo un approccio di tipo economicistico, ma con la natura è diverso. Per esempio ho costruito delle cassette nido per i pipistrelli, ma non è detto che ci vengano a stare proprio i pipistrelli. Ho delle cassette nido per gli storni che in realtà è da sei o sette anni che vengono abitate da una famiglia di upupe. Faccio una cosa e poi qualcuno la userà. Costruisco un contesto che sia favorevole alla natura e la natura mi verrà vicino, se l’approccio è rispettoso. È importante capire che gli animali non devono essere toccati. Se ci si dimostra educati e rispettosi, gli animali prenderanno confidenza e anche se l’uomo è per loro un predatore, si avvicineranno e si potrà avere un’interazione molto forte. Le persone che vengono dalla città fanno sempre molto chiasso e gli animali scappano e si nascondono. Da un atteggiamento di rispetto verso la natura, e quindi di vicinanza, se ne trae un grande beneficio, perché la natura ci circonda e ci accoglie. Tante volte sono qui che lavoro in silenzio, ascolto la radio, i primi anni non lo facevo ma adesso mi sono un po’ contaminato con la città, e passa lo scoiattolo, proprio di fianco, ti vola una poiana sopra la testa… ma se la mattina mi siedo e mi contestualizzo, e gli animali non mi percepiscono più come una creatura pericolosa, vedo l’impossibile.”
e cosa provoca un tale avvicinamento alla natura? basta solo viverci a contatto? ci sono tanti esseri umani che vivono e nel verde e non per questo si contestualizzano. io ad esempio. ho vissuto dieci anni in a casa in campagna. e non ho imparato niente. non ho voluto vedere né imparare niente.
Massimo “Quando mio padre è morto, le mie due sorelle non erano interessate e sono subentrato io. Non sapevo niente di natura, niente! E nei primi anni feci delle discrete stupidaggini, fino a che un giorno in libreria, nella libreria Gulliver in via Ugo Bassi che adesso non c’è più, trovai un libriccino di Tony Soper a duemila lire: La gabbia senza sbarre, Rizzoli, che parlava del costruire le cassette per gli uccelli e che mi cambiato la vita, perché mi ha avvicinato agli animali. Ero già appassionato di natura, già leggevo libri di biologia e natura, ma da Tony Soper in poi ho iniziato a leggere libri sulla natura sistematicamente. Poi conobbi una persona che lavora in un centro di formazione per le colture agrarie che mi ha reindirizzato in modo totalmente diverso: non si pota e se si pota come si fa, ecc. Ho continuato a leggere e ad andare avanti con la gestione di questo mio posto.”
lo abbiamo seguito. per tutto il giardino. stando bene attente a non calpestare le radici degli alberi…
Massimo “Le piante sono sensibili. Non amano il calpestio alla base sulle radici. Possono anche morirne. Senza contare che le persone si appendono ai rami, i bambini vi si arrampicano e li spezzano, e i genitori non avendo la cultura non dicono niente…”
…ascoltando le sue storie. la sua verità. così lontana da quello che siamo abituati a sentire. dai luoghi comuni che abbiamo imparato e in cui abbiamo sempre creduto.
Massimo “Quasi tutte le cose che tutti noi facciamo sono profondamente sbagliate, nell’approccio con la natura, in termini di consumo ecc. La natura ha una concezione sferica, e noi la vogliamo squadrata. Vogliamo che faccia quello che vogliamo e che stia dove vogliamo noi. A furia di potarle le piante si ammalano, perché lo scopo della pianta è quello di crescere e di buttare fuori fogliame per fare la fotosintesi, quindi spinge e spinge per contrastare la potatura e continuare a vivere, ma questo sforzo la immunodeprime, e quindi è più vulnerabile ai parassiti. Se si spacca una branca è un problema perché ciò che muore sopra muore anche sotto. Quando si taglia un ramo muore una radice. Io faccio sempre l’esempio di un pero. Un pero potato tutti gli anni vive anche vent’anni, ma se viene lasciato crescere, la vita di un pero è ben di più: nel giardino della mia vicina c’è un pero di cento anni. La pianta vive, ma vive meno. I tempi si accorciano. Le piante si sono evolute per resistere, non si muovono e quindi subiscono gli assalti diretti, hanno sviluppato una serie di accorgimenti chimici per difendersi. A differenza dell’uomo, le piante possono vivere molto di più, anche perché loro sono fatte a moduli, rotto un modulo subentra un altro, ma a tutto c’è un limite, e nei giardini ai giardinieri vengono sempre chieste cose sbagliate, cose che tengono conto del gusto dell’uomo e non di cosa giusto per la natura. In un contesto naturale un bosco si può considerare maturo intorno ai duecento anni, anche se in realtà sarebbero cinquecento. Per la natura cinquant’anni non sono niente, è come pensare di giudicare una persona quando è ancora bambina. Non posso sapere come sarà un bambino di cinque anni quando ne avrà novanta, e quindi per prendere delle decisioni in un giardino non possiamo decidere sulla base di una pianta giovane, ma ragionare sulle dimensioni che avrà quando ne avrà almeno cinquanta, cento, duecento. Bisogna ragionare sulle dimensioni che la pianta avrà quando noi non ci saremo più. Bisognerebbe pensare al giardino in prospettiva di cento anni e immaginare gli spazi di conseguenza, ma nessuno lo fa.”
ci mostra una pianta malata. ha un fungo. e poi un’altra ancora. ci dice che moriranno. che non c’è niente che lui possa fare.
Massimo “I cambiamenti climatici stanno uccidendo le piante. È sempre più caldo e piove di meno. Essendo gli inverni meno rigidi molti dei parassiti che il freddo andrebbe a contenere nel numero, albergano in tutta tranquillità e in primavera ripartono anche più virulenti. Piove di meno? Le piante saranno un po’ più depresse e i parassiti lavoreranno meglio. Alcune riusciranno a sopravvivere, altre no, per questo è importante non piantare mai piante simili, perché se arriva un patogeno e sono specie diverse non le distruggerà tutte, ma solo quelle di una specie. Quando una delle mie piante muore per me è una perdita terribile. Non solo perché siamo cresciuti insieme, letteralmente, ma perché so che non le vedrò mai più. Non potrò ma più piantare una pianta che cresca allo stesso modo. Le mie piante sono insostituibili.”
arriviamo a una casa di legno. un piccolo rifugio per umani in cui nascondersi. non ancora terminato all’interno. le giriamo intorno. sul retro sul muro vicino al tetto è un condominio per volatili.
Massimo “Sono nidi che ho fatto per rondini e rondoni. Il rondone non si posa mai. È come una rondine con le ali molto lunghe, così lunghe che se finisce a terra non riesce più a prendere il volo perché sbattendole a terra le rovina. Per salvarlo, se ne trovaste uno, dovreste lanciarlo in aria, anche se consiglio di chiamare la Lipu. Il rondone non si ferma mai. Dorme mentre vola. E per bere scende sull’acqua e sempre in volo la sfiora e beve. Fa lo stesso anche per prendere le palline di fango con cui costruisce il suo nido. Pallina per pallina che mette in fila una dietro l’altra. Immaginate la fatica per fare un nido. No. Non sono mai arrivati i rondoni a vivere nei nidi che ho costruito. Né le rondini. Lo sapevo ma li ho fatti per il piacere di farli sapendo che qualcuno li avrebbe abitati comunque, e sono arrivate le cinciallegre. Le sentite? In realtà stanno brontolando perché mi hanno visto e vogliono le palline di grasso che do loro quando fa freddo. Sanno che gliele porto e si sono abituate.”
poi un piccolissimo laghetto. piccolo piccolo e sovrastato da piantine. lo ha fatto sempre Massimo. per ospitare i rospi e anche un piccolo ranocchio arrivato ormai da qualche anno. ci racconta che anche le apine vengono a bere. e gli uccelli.
Massimo “Basta mettere una vasca e lasciare che la natura faccia il suo corso. Creare il contesto che lei arriva. Lo sentite il pettirosso?”
ci presenta una Mahonia in fiore. e poi un Viburno. sempre in fiore. e profumano. ma è autunno. quasi inverno…
Massimo “Le apine non vanno in letargo. Sono creature molto pulite, e quando la temperatura è sui dieci gradi, sotto i dieci gradi morirebbero di freddo, escono per liberarsi. E se nel mentre trovano un arbusto fiorito, capita alle volte a dicembre, già che ci sono ne approfittano per bottinare. Adesso è passato un bombo, che può bottinare a temperature anche inferiori, fino a 3 gradi, perché ha la pelliccia. Quasi tutti gli ortaggi di serra, hanno le colonie di bombo dentro perché bottinano fino a tre gradi. Quando la mattina si sveglia il bombo cosa fa? Per muovere i muscoli trema fino ad arrivare a sette gradi. Così grazie al tremolio e alla pelliccia riesce a volare anche se fuori ci sono solo pochissimi gradi. Il Viburno prima viene bottinato dalle apine e dai bombi, poi le bacche vengono mangiate dagli uccelli. Lo trovate dappertutto. L’avete sempre visto senza guardarlo. Adesso che ve l’ho presentato, e che vi ho fatto sentire il suo profumo non ve lo dimenticherete.”
una siepe alta separa il giardino dal sentiero sterrato dove si sentono i ciclisti passare. una siepe di edere di specie diverse. che a breve avranno le bacche mature per sfamare gli uccelli e altri piccoli animali dei dintorni.
Massimo “Oggi siamo fortunati che il cielo è coperto. Se ci fosse stato il sole ci sarebbero stati molti più ciclisti. Non mi darebbero fastidio, se non lasciassero sempre bottigliette di plastica, carta e schifezze in giro. Se non si fermassero a strappare un fiorellino o un rametto che inevitabilmente ritrovo a terra poco più avanti. Io ho le fragoline selvatiche ma non le colgo mai. Le lascio agli animali e ogni anno ne crescono di più. La natura non ha bisogno di noi. La regola dovrebbe essere non toccare niente.”
e i Bonsai allora?
Massimo “I Bonsai sono per la natura il massimo del vilipendio. Della costrizione. Immaginate una persona che per una sua idea estetica, prende un bambino fin da piccolo gli taglia tutte le dita delle mani, poi le dita dei piedi, poi gli taglia il naso e poi l’orecchio… questo bambino crescerà e avrà bisogno di continue cure, perché sarà un handicappato… Il Bonsai è in assoluto la più grande forzatura che ci sia della natura.
Adesso c’è persino chi scorteccia una parte della pianta, sembra molto bello, ma è un vilipendio. Per spiegarlo durante gli incontri porto con me la fotografia di una radiografia dei piedi Loto d’oro. È la stessa cosa.”
il giro del giardino è finito. il sole è alto ma non si percepisce dietro il cielo coperto.
Massimo “Il contesto perfetto sarebbe prendere le chiavi e buttarle via. Lasciare che la natura crei l’equilibrio. Alcuni studiosi sostengono che dovremmo lasciare delle ampie porzioni di pianeta (tra il 40 e il 60%) completamente libere a loro stesse. Non si farà mai, ma se lo facessimo avremo un vero e proprio polmone naturale.
Le piante tra loro parlano, si avvertono se arriva un predatore. Le piante vedono, sentono, parlano, soffrono. Lo fanno in un modo che noi non capiamo. Usano un altro linguaggio. Vedono e sentono in modo differente. Le piante sono come gli esseri umani: non possiamo prendere una persona e metterla in uno sgabuzzino, darle da mangiare del pattume e sperare che cresca bellissima.”
e quest’ultima era per me che ho chiesto come mail il mio Rosmarino non fiorisce. in vaso. esposto al vento. mai travasato. mai concimato.
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una parte di me non ha lasciato il giardino di Massimo. è rimasta. seduta a terra. e poi sdraiata. ha ricevuto le piccole gocce di nebbia sulla pelle. ha affondato le dita nella terra. sentito le radici crescere dalle mie membra. scavato nel terreno morbido scoprendo nuove meraviglie nascoste. come un’ape ho seguito il profumo dei fiori del Viburno. e assaporato il dolce nettare. comprendendo il senso della mia esistenza nel mondo. non più un pensiero. un’idea… solo un istinto. di conservazione?
Piccola biblioteca suggerita da Massimo:
La gabbia senza sbarre di Tony Soper, Rizzoli 1978 (usato su ibs.it)
La baia degli ontani di Gavin Maxwell, Rizzoli 1979 (usato su ibs.it)
Mitologia degli alberi di Jacques Brosse, Rizzoli 1994
La vita segreta delle piante di David Attenborough, Piemme 1995
I giardini venuti dal vento di Gabriella Buccioli, Pendragon 2003
Ai piedi degli alberi. Viaggio tra i giganti della Terra di Rudi Palla, Ponte alle Grazie 2008
L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono, Salani 2008
L’anello di acque lucenti di Gavin Maxwell, Elliot 2014
La vita segreta dei semi di Jonathan Silvertown, Bollati Boringhieri 2014
Verde brillante di Stefano Mancuso e Alessandra Viola, Giunti 2015
La vita segreta degli alberi di Peter Wohlleben, Macro Edizioni 2016
L’orologio della natura di Peter Wohlleben, Macro Edizioni 2017
La saggezza degli alberi di Peter Wohlleben, Garzanti 2017
La saggezza del bosco di Peter Wohlleben, Garzanti 2018
La vita segreta degli animali di Peter Wohlleben, Macro Edizioni 2018
La saggezza degli animali di Peter Wohlleben, Garzanti 2019
La rete invisibile della natura di Peter Wohlleben, Garzanti 2020
la musica che mi ha aiutata a scrivere questo pezzo: Florestas Submersas di Rodrigo Leão